QUEL CERTO “MODO” DI FARE POLITICA A SAN SEVERO (di Mariella Di Monte)

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A San Severo ci sono sempre stati una casa circondariale, un commissariato della Polizia di Stato, una compagnia dei Carabinieri e una della Guardia di Finanza. A maggio del 2018, salutato con grande entusiasmo dalla politica locale, in città è arrivato anche il Reparto Prevenzione Crimine “Puglia settentrionale”: una settantina di uomini che, nei discorsi dell’ex ministro dell’Interno Minniti e dell’ex capo della Polizia Gabrielli, rappresentavano la durissima risposta dello Stato alla recrudescenza della criminalità.

In poco più di sei anni, la città dell’alto Tavoliere – un tempo nota per l’agricoltura di qualità ed il fiorente artigianato – ha perso più di quattromila residenti, quasi tutti giovani, che hanno fatto le valigie e sono migrati verso luoghi più ospitali. Talora nemmeno troppo lontani, in verità, visto il numero di quelli che si sono trasferiti in comuni limitrofi che, per quanto di poco, sono percepiti come più vivibili.

Eppure, a seguire gli entusiastici comunicati stampa diramati da Palazzo Celestini, sede dell’amministrazione cittadina, a San Severo va tutto bene, anzi, benissimo: le strade vengono pulite con regolarità e riasfaltate spesso, si aderisce ad iniziative culturali di spessore, si pratica la cultura della legalità e dell’accoglienza e il sindaco si spende talmente tanto nel contrasto alla criminalità da aver ottenuto la scorta.

Nonostante l’eroismo del primo cittadino, tuttavia, le strade di San Severo sono ormai terra di nessuno: persino in pieno centro, in pieno giorno e tra la folla si spara, bande di minorenni tengono in ostaggio il centro storico, interi quartieri sono completamente in balia della malavita, senza che alcuna delle agenzie educative territoriali cerchi di sottrarre almeno i più piccoli ad una triste realtà di degrado e cultura della violenza.

Nell’assuefazione generale, la parte sana della cittadinanza sopravvive alla meglio. Chi non può andar via si chiude tra le mura di casa, circondandosi di poche amicizie e, soprattutto, serrando occhi, orecchie e bocca, nella convinzione che nulla potrà più cambiare. Non si contano gli esercizi commerciali che negli ultimi anni hanno chiuso i battenti, complici le plurime autorizzazioni a grandi centri commerciali, le cui assunzioni sono utilizzate come merce di scambio elettorale da una politica priva di visione di lungo periodo e tesa all’unico obiettivo dell’autoconservazione. Rectius: della sussistenza pura e semplice di una classe sedicente dirigente, in realtà parassitaria, che cerca nella politica una realizzazione personale ed economica che non è stata capace di conseguire altrimenti.

Intendiamoci, con poche lodevoli eccezioni, certi problemi sono comuni a gran parte dei grandi centri del meridione, San Severo è solo un tantino penalizzata da una rara insipienza ed incapacità della sua amministrazione. Ma quando per tempi lunghissimi certi quartieri vengono abbandonati, quando si conoscono i disagi della popolazione che vi abita – perché in fondo ci si conosce tutti per nome – e tuttavia si lascia che sia la criminalità a gestirvi l’ordine interno e a diffondere la sua “pedagogia”, come si fa a meravigliarsi che, in uno dei luoghi più difficili della città, l’inviato di “Striscia la notizia” venga brutalmente pestato, malgrado il sollecito arrivo degli uomini del commissariato?

(stralcio articolo comparso su L’Attacco 7 ottobre 2021)