di Teresa Francone
Ecco,
un nuovo caso di donna che muore sotto la bestialità,
brutale e feroce,
non di un animale
ma di un uomo.
Questa volta è una notizia di femminicidio che ci tocca molto da vicino.
Anche nella nostra città sembra arrivata questa terribile malattia. Quel malanno che colpisce molti uomini che per cultura, per fragilità o perché il loro cervello ha perso ogni controllo, diventano assassini. Dietro a mille scuse, si scatena la furia omicida su donne che hanno la sol colpa di amarli.
Roberta, mai avrebbe pensato di morire proprio nelle mani di quello che chiamava amore, perché questo sentimento non ti uccide.
Questo sentimento colma i vuoti e non ne crea altri. Le donne vengono sottratte di tutte le certezze e fatte deboli nelle scelte, tra cui quella di andar via. Quando prendono coraggio è troppo tardi.
Questi uomini vivono di onnipotenza, di divinizzazione, di gloria e autorità. Non danno spazio ad altro che a sé stessi.
Pompati dal fatto di essere gli unici detentori di verità, unici possessori di quelle donne, che per loro non sono esseri pensanti ed amanti, ma sono solo oggetti. Altri, invece, sono colmi di paure e d’ insicurezze che li portano a non reggere davanti alla realtà, spingendoli a mettere la parola fine, non alle storie ma alle vite. Giustificati dalla medicina, che si sforza di definirli vittime di disturbi psichiatrici e psicologici, vittime di traumi infantili, di una scarsa educazione all’amore e da una volontà cancellata dall’uso di sostanze, che finiscono per immetterne una diversa, che delinque su di essi e sugli altri, il tutto risolvibile con prescrizione di farmaci.
Coperti, nascosti, protetti da familiari che fan finta di non vedere, che li definiscono normali, che li lasciano liberi di creare tragedie in chiunque incontrino. Incapaci d’ aiutarsi ed aiutare i propri figli.
In ogni caso, comunque e sempre, a pagare sono le donne come Roberta. A pagare sono le famiglie che si trovano ad essere private delle loro donne. Magari a piangere di non averle potute aiutare , perché le proprie figlie, non ne avevano mai fatto parola per non dispiacerli.
Eh sì… quante donne hanno un forziere nel cuore per nascondere tutto quel dolore, che in fondo è senso di colpa per aver sbagliato amore, è paura di sottomettere i propri cari alla violenza del proprio uomo.
Famiglie, compresa quella di Roberta, forse messe davanti al dolore di accettare, forzatamente, quell’attesa di cambiamento, che non sarebbe mai arrivato da parte di quell’uomo che ha tolto la vita alla loro preziosa perla.
Un uomo entrato in quella famiglia e trattato come un figlio che tradisce strappando un pezzo di cuore.
Una ragazza ha esalato il suo ultimo respiro sotto la stretta di mani che avrebbero dovuto accarezzarla. Mi chiedo, se questo, si possa mai definire amore.
Come per Tonia che è stata rinchiusa più volte in una stanza della casa e picchiata a cinghiate. Vista uscire di casa, camminando in modo da non far notare la sofferenza provata per quelle ferite brucianti.
Come per Teresa che ha subito forti percosse sulla propria pelle, con conseguenti gonfiori e tumefazioni, e sentirla raccontare che dopo tanti colpi finisci per non sentir più dolore, ma attendi che finisca presto.
Come per Grazia che è stata presa a calci e spintoni, ed ha nascosto i lividi con abiti lunghi.
Come Sara che ha subito urla, cambiamenti repentini d’umore del proprio uomo, minacce di morte e violenze psicologiche di quelle che non puoi dimostrare, e che ha subìto l’indifferenza di suoceri e parenti che non le hanno creduto.
Come per Maria che sa cosa significhi sentire attorno al collo qualcosa che stringe e ti toglie il respiro. Una maglia arrotolata non lascia segni.
Come Francesca che deve fare i conti con un compagno che la offende distruggendo la sua autostima.
Come tante donne che sono rimaste sfigurate con l’acido.
Molte sono riuscite ad uscire da questo inferno e sono ancora vive.
Ma quante Roberta dovranno morire?
La legge può infliggere pene severe, ma non potrà mai prevenire.
Sta a noi donne comprendere che l’amore è un sentimento così puro che non deve essere sporcato da violenze, offese, urla e divieti.
Vi sono atteggiamenti che devono mettere in guardia.
Fare la crocerossina non è il nostro compito. Nessuna può avere la presunzione di cambiare un uomo, soprattutto quando vi sono evidenti comportamenti disturbati.
Aver raggiunto la parità dei sessi non significa poter fare ciò che fanno gli uomini, ma significa aver raggiunto il dovuto rispetto, perché la donna non è un essere inferiore, ma accompagnatrice amorevole dell’uomo.
Nessun atto violento deve avere giustificazioni e si deve diffidare da scuse che servono solo a portare avanti un rapporto , in attesa di ricominciare nuovi orrori. Desistere sempre, quando litigare non è costruttivo ma distruttivo.
Donne, imparate ad amarvi e non buttatevi nelle braccia di uomini che vi fanno credere di essere il principe azzurro. Nella vita non siamo principi e principesse. Siamo uomini e donne che possono errare ma ricordate che L’AMORE NON DEVE ESSERE ASSASSINO”.
Teresa Francone
Teresa Francone