Un anziano indiano parlava della “lotta dei due lupi” nel nostro animo. Uno rappresenta l’amore, nelle sue accezioni più importanti come la compassione, la generosità, la gentilezza, l’altruismo e così via. L’altro invece rappresenta il male generato da paura, rabbia, invidia, avidità, arroganza, autocommiserazione, senso di colpa, rancore, senso d’inferiorità, menzogna, vanagloria, rivalità, egoismo. Tutte cose che poi finiscono per tradursi in una incapacità ad amare.
I nipoti rifletterono su queste parole per un po’ e poi uno di essi chiese all’anziano: “Quale dei due lupi vincerà la lotta?”
L’anziano rispose semplicemente:
“Quello che nutri”.
Ecco, per quanto sia difficile credere che qui, nel nostro paesino, si sia potuto verificare un fatto così grave, resta l’assoluta banalità del male e di una violenza assurda.
Conoscevo Francesco, siamo coetanei, questa storia l’ho letta sulla sua pagina.
Evidentemente, lui come tanti altri, ha nutrito il lupo sbagliato.
La violenza viene nutrita, in parte per colpa nostra, in parte per una società dove tanti sono soli di fronte all’abisso della propria vita e della propria incapacità a vivere.
La violenza si nutre, forse dovremmo riflettere su quanto siano sottovalutate certe perversioni del nostro tempo così pieno di egoismi che avvelenano l’anima.
Forse, anzi direi che tanti innocenti come Roberta sarebbero ancora qui. Non la conoscevo, da quel poco che leggo doveva essere una ragazza sensibile e garbata.
Il tema della violenza di genere è molto sentito oggi e c’è una certa attenzione da parte dei vari apparati istituzionali, ma non basta.
Non si tratta solo di tutelare le donne o qualunque persona da potenziali pericoli, occorre intervenire su ciò che nutre la violenza.
La mia vicinanza personale e quella di Città Civile alle persone coinvolte in questa terribile tragedia, in particolare i familiari di #Roberta.
Che la terra sia lieve a questa giovane ragazza.