Teresa Francone
di Teresa Francone
Che sia elegante, stringato, con bottoni o cerniere, da padule, alla scudiera, alla ussara o all’inglese, da trekking, cuissardes, chelsea, chukka, biker, cowboy, moon, combat, da lavoro o da pioggia, lo stivale è una calzatura comoda e versatile, che calza ed ha calzato la lunga storia umana.
Simbolo di povertà e di ricchezza. Simbolo di guerra e di pace. Simbolo del lavoro e della fatica. Simbolo della moda e della libertà.
Ognuno di noi ha avuto modo di indossarlo almeno una volta, nella propria vita. Concordi nell’asserire l’assoluta difficoltà di disfarsene, quantunque fosse invecchiato e mostrasse scollamenti, scuciture, screpolature e scolorimenti. In attesa di un eventuale nuovo acquisto, è fondamentale servirsi delle sapienti mani di un artigiano calzolaio, che possa sostituirne il soprattacco, risuolare il cuoio, sostituire il fondo o semplicemente effettuare un preciso incollaggio delle parti, e riportare a nuova vita la nostra calzatura.
E’ proprio come la nostra cara Italia, dalla forma penisulare di uno stivale, che negli anni ha sostenuto un lungo cammino ai piedi di una storia che l’ha sfruttata, stancata ed invecchiata. Un percorso dispiegato tra mari, monti e pianure che l’ha consumata. È stato uno stivale raffinato, che si è mostrato egregiamente al resto del mondo, ed ora sporco di fanghiglia, perché caduto in malaffare.
E’ divenuto un antico e vecchio territorio, dove i giovani non vorrebbero andare via, ma scappano, forzatamente, perchè non v’è futuro. Non si possono fare progetti, tanto che la natalità è ai minimi storici, in quanto, da una parte non viene incentivata la realtà famiglia, e dall’altra, il fattore infertilità, che è stata indotta da inquinanti che hanno sovvertito la natura e il nostro DNA. La popolazione prevalente, quindi, è composta da anziani, che nonostante siano considerate le parti vecchie, screpolate ed inutili del nostro stivale, qualche volta diventano un salvavita, un salvagente per quei figli e quei nipoti che non possono sopravvivere senza quel loro piccolo aiuto. Quest’ultimi, se trovano un barlume di speranza, altrove, finiscono per essere costretti ad abbandonare quei padri e quelle madri, che con sforzi sovrumani hanno sopperito a tante esigenze.
Eppure, una volta, in nuclei familiari numerosi, la presenza degli anziani era una risorsa storica e morale utile all’accrescimento di tutti i conviventi, indipendentemente dal loro contributo economico. Oggi, l’usurante vita degli italiani, alla estenuante ricerca di un lavoro e di un avvenire, finisce per non lasciare spazio e tempo da dedicare ai “vecchi”, abbandonandoli a tutte le problematiche annesse e connesse al loro stato. Inoltre, lo scombussolamento creato, da quei lavoratori assetati, presi dalla smania di arricchirsi ed affermarsi in quel po’ di lavoro rimasto, ovviamente per pochi eletti, hanno lasciato che la nuova generazione crescesse anch’essa sola e diventasse nichilista, senza più valori e rispetto, nemmeno nei confronti dei nonni.
Allora, tutto viene delegato allo Stato che pare non sappia più che tipo di stivale dobbiamo essere o indossare. Il dilemma è come sopperire alle mille difficoltà che colpiscono la popolazione, definita matusa, di questo paese.
Il compito arduo, di alleggerire queste vite, è svolto da anime volontarie che organizzano piani d’aiuto e di compagnia.
In casi più felici, vi sono comuni, che come laboriosi calzolai, usano tutte le tecniche disponibili per ridar colore a quelle parti dello stivale scolorito dall’età. Altri comuni, invece, sono assenti o semplicemente privi di risorse per correre in aiuto a questi concittadini che si sentono come una piaga.
Come ogni calzatura e quindi ogni stivale , v’è un tacco, che è la forza motrice e la spinta per dar il passo, ma è la parte che subisce il peso, si consuma con facilità, in base all’andatura che si sostiene. Questo stivale italiano anch’esso ha un tacco, che più del resto del territorio è consumato ed indebolito, per il troppo reggere il peso di tutta la nazione.
E’ la nostra Puglia, che sorregge tutti i passi e le corse, sicuramente a testa alta e con dignità, ma non senza colpi deleteri. Ha rotture, scollature, scuciture quasi tutte posizionate dalle nostre parti e soprattutto a San Severo. Una esagerata dispersione della popolazione giovanile, ha ridotto considerevolmente in numero dei sanseveresi, che continua a ridursi drasticamente nel periodo estivo. L’esigenza di svolgere lavori stagionali in località turistiche, la necessità di cambiare aria, trascorrendo le giornate in zone marittime vicine, per dimenticare il deprimente grigiore della disoccupazione, gli anziani sanseveresi diventano presenze solitarie di questa nostra città .
Per spirito di verità è giusto dire che San Severo, seppur è una città, ha tutti i moti lenti di un paesiello, che sicuramente ne limita sviluppo economico e culturale, ma si potrebbe affermare che potrebbe essere a misura di anziano.
Per esempio, è interessante osservare uomini e donne di una certa età, che a coppie, sul viale della Villa, passeggiano lentamente dirigendosi nella Villa Comunale per cercare fresco ristoro. Arrivati qui, si nota che diventa luogo di incontro e chiacchiericcio. Le panchine ed i sedili dislocati in varie zone, come sul viale della Stazione, permette loro di sedersi sotto un folto fogliame di alberi, che rinfrescano creando ampie zone d’ombra. La presenza di chiese da la possibilità di coltivare lo spirito, ma non si può nascondere che per i nostri anziani diventa un luogo per veder gente, aspettare il segno della pace per sentire il contatto umano, prima di tornare a casa.
Sovente è possibile vedere, soprattutto, nel centro storico vecchietti e vecchiette seduti dinanzi le loro case, che pare aspettino qualcuno, magari qualche conoscente con cui scambiare due parole, o addirittura veder passare qualche nuovo volto che spezzi la noia e diventi oggetto di apprezzamento o critica. Si possono incontrare anziani debilitati, che passeggiano di qui e di là con i loro bastoni e persino con deambulatori con le ruote.
In fondo , se ci pensiamo, tutto è vivibile per i nostri anziani, in questa nostra città, ma la verità è che non bastano passeggiate e sedute per colmare le loro interiori e vere esigenze. Non bisogna dimenticare, che a San Severo vi sono giornate estive spettrali, dove tutto è sotto il bacio del sole, tranne gli esseri umani. Non si sentono bambini che giocano, ragazzi che scherzano, vicini di casa che parlano e tantomeno si sentono automobili passare, che lasciano quel tipico odore di pneumatici surriscaldati dal calore del motore, dell’aria e dell’asfalto cocente.
Sarebbe auspicabile, che si creino situazioni di aggregazione, che organizzino manifestazioni ed attività, che poco peserebbero economicamente sulla spesa pubblica, e permetterebbero a molti anziani di trascorrere ore liete in compagnia. Gli anziani sono come bambini, che si accontentano di poco, per essere felici. Bisognerebbe sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione isolamento anziani.
Esistono dei numeri che non sono quelli di una calzata, dell’altezza di un tacco o della lunghezza dello stivale, ma sono i numeri 12, 17, 189 e tanti altri, che sono i numeri civici di tanti sottani, primi piani e palazzi, dove in questi mesi estivi può bussare o suonare alle porte, una signora molto sgradita.
La signora Solitudine, entra molto spesso in quelle case, senza chiedere il permesso e a piedi nudi, per non far rumore.
Bisognerebbe, che attenti mastri calzolai, producano stivali dai tacchi rumorosi, da mettere ai piedi di questa solitudine, affinché si possa sentire il rumore dei suoi passi, prevenendo la sua forzata intrusione .
Questi artigiani, dovrebbero essere sapienti nell’insegnare che la storia, anche di un semplice stivale, non la si fa solo con scoperte archeologiche, con antichi cimeli, con racconti orali e scritti tramandati, ma la si fa anche stando affianco delle generazioni viventi, che hanno fatto la storia, poco precedente, della nostra famiglia, del nostro vicinato , del nostro quartiere e della nostra città.
Gli anziani vanno vissuti ed aiutati ad essere parte integrante della nostra vita e della nostra società. Non sono le parti rovinate ed inutili di questo stivale. Sono una risorsa che possono ridare una nuova spinta per intraprendere un altro ed interessante cammino.
©Teresa Francone