Nella mattinata di ieri, presso gli uffici del Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Foggia, si è tenuta un’udienza camerale al termine della quale è stata pronunciata la sentenza di condanna nei confronti dei soggetti che, il 4 luglio dello scorso anno, erano stati arrestati nell'ambito dell’operazione “Quartiere”, condotta e portata a termine dalla Compagnia Carabinieri di San Giovanni Rotondo unitamente a personale della Compagnia Carabinieri di San Severo. La sentenza del rito abbreviato giunge a soli otto mesi dalla data dell’operazione. I Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di San Giovanni Rotondo, al termine di un'indagine sviluppata tra San Giovanni Rotondo, Foggia e San Severo, avevano eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal GIP del Tribunale di Foggia su richiesta della locale Procura della Repubblica, per la quale erano stati arrestati LECINI Tafil, quarantatreenne albanese, DE CESARE Luigi, quarantenne di San Severo, CIRINO Felice William, trentaseienne di San Severo, e FATTIBENE Giovanni, trentottenne di San Giovanni Rotondo, ritenuti responsabili di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. L’indagine aveva preso avvio a seguito del suicidio di Giuliani Roberto, trentaquattrenne di San Marco in Lamis toltosi la vita il 29 dicembre del 2015, ed aveva consentito di appurare che negli ultimi attimi di vita il giovane, che aveva una dipendenza dall'eroina, aveva tentato di contattare uno degli arrestati, in particolare il FATTIBENE, che probabilmente gli aveva ceduto l’ultima dose.
Lo “spunto” investigativo aveva così consentito ai militari di acquisire chiari e inequivocabili elementi di responsabilità a carico degli arrestati in ordine ai reati contestati loro, ottenuti grazie a numerosi servizi di osservazione, controllo e pedinamento, anche con l’ausilio di attività tecniche, ed eseguiti con la difficoltà di dover operare nel “quartiere San Berardino”, principale piazza di spaccio della città di San Severo, punto di riferimento anche per le regioni circostanti (nel corso dell'indagine i militari avevano avuto modo di constatare, infatti, la presenza di acquirenti provenienti dalle regioni limitrofe, quali Basilicata, Molise, Abruzzo, nonché da tutta la provincia foggiana), dove numerosissime vedette segnalavano la presenza di appartenenti alle Forze di polizia, rendendo ancor più difficili le operazioni degli investigatori. Durante l’indagine era stato possibile, inoltre, trarre in arresto nel dicembre del 2016 lo stesso Lecini Tafil, al termine di un rocambolesco inseguimento avvenuto nelle campagne di Foggia, in località “Posta Demani”, dopo che si era dato alla fuga per sottrarsi alla cattura, sapendo che dal giugno dello stesso anno pendeva su di lui un provvedimento restrittivo, emesso dalla Procura della Repubblica di Ancona, dovendo espiare la pena di anni 6 di reclusione, nonché altri due soggetti, tali DI IANNI Remo, trentasettenne foggiano, all’epoca dei fatti incensurato, ed il figlio DI IANNI Emilio, ventiduenne anch’egli fino a quel momento ritenuto insospettabile. Entrambi intrattenevano rapporti con il catturando Lecini ed erano i “custodi” della sostanza stupefacente e dei suoi documenti identificativi. Durante tale servizio i Carabinieri, con l’ausilio delle unità cinofile del Nucleo Carabinieri Cinofili di Modugno, avevano rinvenuto, occultati all’interno di una cisterna interrata, 15 involucri termo-sigillati, contenenti circa otto chili di eroina, dai quali sarebbe stato possibile ricavare 15.750 dosi, circa un chilo di cocaina, dal quali sarebbe stato possibile ricavare 5.171 dosi, nonché 90 grammi di marijuana, dai quali sarebbe stato possibile ricavare 89 dosi. Il valore economico al dettaglio di tutto questo stupefacente sarebbe complessivamente ammontato a circa 650.000 euro. Il sequestro era stato uno dei più consistenti degli ultimi anni. Nell’ambito della stessa attività era anche stato sequestrato tutto il necessario per la realizzazione dei cosiddetti “panetti” di stupefacente, ovvero una pressa idraulica di grosse dimensioni e alcuni bilancini di precisione, nonché denaro contante per 2.300 euro circa, probabile provento dell’attività illecita. A seguito della sentenza il Lecini dovrà espiare una pena di undici anni e quattro mesi di reclusione, oltre al pagamento di una multa di 60.000 euro. Tutti gli altri soggetti coinvolti nell’operazione hanno riportato una condanna a quattro anni e sei mesi di reclusione, oltre a dover anch'essi pagare una multa di 4.000 euro.